Di aria, di acqua e di sale

D'aria sono i miei attimi sparsi nel cielo
vuoti come sacchi di plastica nera
usati.

Di gesso il fluido che scorre nelle mie vene
gonfie come torrenti in piena
esondati.

Di sale il sapore del mio tempo
inutile come rotaie di treni
deragliati.

E di quello che rimane
conto gli spigoli
e di quegli spigoli
faccio tesoro, come scempio
di urla dimenticate in pieghe di carne
putrefatta nel tempio.

Ma sordo è il fondo della valle pieno
di mosche avvizzite
e favi di vespe pazze
giacché il silenzio rimase ferito e monco
come terribile cataratta.

Oh nobile disfatta,
di gente ignara
del sole che muore

circondato da candide suore,

bianche
come le emozioni dei bimbi appena nati
i cui urli dissennati
cuociono mamme
stanche.

Fiumi di mirto intonso di liquame d'anime perse
irrorano gole di cani assetati.

E con i colori più sporchi imbratto il mio corpo
nudo come quello dei lemuri senza pelle nati.

E del mio sesso faccio fagotto
e lo butto nel prato come fosse un giocattolo rotto.

Non assecondare gli storpi di mente
che masticano tabacco come fosse niente

e del prossimo si fanno sberleffi
come se tutti fossero dei brutti ceffi.

D'acqua e di sale
sarà quel giorno che stropicciato dal male
sputerà sui mattoni del muro
gli stessi, colorati di scuro
che con la malta e una cazzuola
ho costruito,
oh... Che giardino fiorito
di una sola aiuola...
da alberi dai tronchi finti
e variopinti
di falci e stelle
come sordide valli
mute e oscene signore di corte
si, la morte
che aspetta fedele
il suo trionfo di fiele.
Il suo ritorno mortale
che del male
libera e salva
ogni bene.


Ary